Censire gli immobili fantasma e rivalutare le vecchie rendite ecco come cambierà il catasto

Qual è lo scopo della riforma del catasto inserita nella legge delega del fisco?
Uno scopo duplice. Da una parte modernizzare gli strumenti di mappatura degli immobili italiani per individuare e classare 1,2 milioni di immobili “fantasma”, non censiti o non censiti correttamente, di terreni edificabili accatastati come agricoli, di immobili abusivi. Il secondo obiettivo è rivedere le attuali rendite catastali di tutti gli immobili, vecchie e inadeguate, rivalutandole ai valori di mercato.

 

La revisione delle rendite comporta l’aumento delle tasse?
Non fino al primo gennaio 2026, come è scritto all’articolo 7 comma 2 lettera D della delega: le nuove informazioni non saranno utilizzate «per la determinazione della base imponibile dei tributi» legati alla casa: Imu, Iva, Irpef, altre imposte (ipotecaria, catastale, etc.). Il premier Draghi ha garantito che le nuove rendite non impatteranno neanche sul calcolo dell’Isee, indispensabile per ottenere bonus e agevolazioni varie. La riforma resterà dunque congelata per 5 anni: nel frattempo tutte le tasse e anche l’Isee verranno calcolati in base alle rendite attuali.

 

Cosa accadrà dunque in questi cinque anni?
Verrà potenziata, con ogni probabilità, l’Anagrafe immobiliare integrata, già esistente, per connettere tra loro i diversi database immobiliari dell’Agenzia delle entrate. E anche la trasmissione telematica dei dati tra Agenzia e uffici comunali. In parallelo, ciascuna rendita catastale come le conosciamo oggi sarà affiancata dal valore immobiliare e dalla rendita attualizzata ai valori di mercato. Si fisserà infine un meccanismo per adeguare in automatico, periodicamente, le rendite senza però mai superare il valore di mercato. Il premier Draghi l’ha definita «un’operazione di trasparenza statistica» per «accatastare tutto quello che oggi non è accatastato». E ovviamente per rivalutare ciò che lo è.

 

Perché l’urgenza di inserire questa riforma nella delega fiscale, visto che le Commissioni parlamentari hanno escluso proprio il catasto dal documento conclusivo sul fisco?
La riforma del catasto come pure quella dell’Iva è da tempo sollecitata dalla Commissione europea che da anni raccomanda all’Italia di spostare il peso fiscale dalle persone alle cose, diminuendo l’Irpef per i lavoratori e aumentando Imu, oggi esclusa per la prima casa, e Iva (con il riordino di aliquote e panieri di beni).

 

Ci sono altre motivazioni?
L’equità, innanzitutto. Il sistema di estimi catastali italiani risale al 1939, rivisto solo nel 1988-89. Un sistema obsoleto, stratificato, usato nel tempo solo per fare cassa aumentano le rendite in modo piatto, come nel 2011 col Salva-Italia. I valori delle rendite non solo sono anni luce lontani da quelli di mercato, ma anche sperequati perché spesso irrisori nei centri storici delle grandi città e molto più alti in periferia.

 

Si possono escludere salassi fiscali?
Nei prossimi cinque anni non cambierà nulla. A riforma ultimata, con una fotografia aggiornata del patrimonio immobiliare degli italiani, il discorso potrebbe cambiare. A quel punto si potrà solo agire sulle aliquote dei tributi per calmierare eventuali eccessi.