Un milione di nuovi poveri ma lo Stato ha evitato il crac

Dai trasferimenti di denaro al ricorso ai sostegni il welfare pubblico ha fornito un’imponente rete di aiuti. Gli italiani spingono per la creazione di posti di lavoro. Anche perché le disuguaglianze crescono col digitale.

 

La Repubblica economia&finanza

 

La pandemia ha accentuato le disparità sociali e creato oltre un milione di nuovi poveri nel 2020. in crescita del 22% rispetto all’anno prima. Ma l’Italia ha tenuto, soprattutto grazie al nostro welfare pubblico. Lo Stato ha immesso nell’economia reale circa 60 miliardi di euro in più rispetto al 2019, ammortizzando in questo modo circa due terzi dei quasi 93 miliardi di euro di reddito perso dalle famiglie tra lavoro e capitale. Ma non è riuscito ad evitare il malessere psicologico: quasi 6 italiani su dieci sono caduti in depressione (un 17,9% spesso) e più di sei su dieci ha vissuto ansia e un senso di paura indefinita (un 19,7% spesso). Sono questi alcuni dei dati che emergono dal Terzo Rapporto Censis-Tendercapital, presentato mercoledì scorso. Un vero e proprio racconto su come si sono amplificati i disagi e le disparità nel nostro Paese in questi mesi. E adesso metà delle famiglie ha paura di perdere ancora, anche durante il prossimo anno, potere d’acquisto, peggiorando così la propria condizione economica davanti alla quarta ondata pandemica.

 

POVERTÀ

Nel 2020 si contavano in Italia 2 milioni di famiglie in povertà assoluta. Un numero in crescita del 104,8% rispetto al 2010, quando erano 980mila. Si tratta di un raddoppio causato dal Covid, e che ha colpito soprattutto le donne: ben 532 mila sono finite in povertà (+22,9%), contro 246 mila uomini e 222 mila giovani. Le famiglie poverissime sono state 333mila in più rispetto al 2019, di cui il 64,9% nel Nord Italia, il 20,7% al Sud e isole, il 14,4% al Centro. Questo aggravamento della sofferenza sociale nel Nord del Paese è stato causato dai divieti e restrizioni imposte alle imprese e ai mercati per arginare il diffondersi del virus. Con il protrarsi dell’emergenza, sono esposte all’alto rischio di povertà le persone senza risparmi che rappresentano il 23,1% degli italiani. Il 33,4% di questi ha redditi bassi, il 29,5% ha titoli di studio bassi. Cosi, più della metà degli italiani (57,7%) ha paura di ritrovarsi in serie difficoltà economiche.

 

 

IL WELFARE

Lo Stato, nel tentativo di arginare il disagio crescente, si è attivato per correre in aiuto della popolazione. Lo ha fatto con trasferimenti sociali in denaro per 426,6 miliardi di euro (+37,2 miliardi rispetto al 2019). Una vera impennata guidata dalle indennità di disoccupazione. Soprattutto c’è stata l’estensione della Cassa integrazione guadagni: +77,2% nel 2019-2020. Per dirla in soldi, ben 22 miliardi di euro in più. Ma anche le famiglie hanno svolto l’importante ruolo di rete sociale aiutando i propri cari: 9 milioni di anziani, circa 3 milioni con regolarità, hanno dato sostegno economico alle famiglie di figli e nipoti. Circa 7 milioni di giovani, di cui 2 milioni con regolarità, ricevono soldi da genitori e nonni.

 

 

IL LAVORO

Ma tutto ciò non basta. Censis ha chiesto agli italiani in che modo ri tengono che si debba combattere la povertà. E quasi tutti gli intervistati (92.8%) ha detto che in primo luogo è necessario creare lavoro. E non moltiplicare i sussidi. Inoltre, secondo Censis, serve una norma che fissi una soglia sotto la quale le retribuzioni non possono scendere. A questa misura ecco che sono favorevoli 8 italiani su dieci (83.5%). mentre appena un 16,5% è contrario. Un consenso maggioritario, che arriva all’89% tra gli operai e gli esecutivi, all’86,5% tra i giovani. Per quanto riguarda le gabbie salariali, cioè i redditi differenziati per territorio in relazione al costo locale della vita, il 59% degli italiani è invece contrario, il 41% è favorevole. Non piace che uno o più territori d’Italia si trasformino in destinazioni possibili di delocalizzazioni di insediamenti produttivi da altre regioni. Positivo anche il giudizio sui supporti finanziari ai giovani per uscire di casa e iniziare una vita autonoma: il 75,2% degli italiani è favorevole.

 

 

FISCO

Molto popolare è anche il giudizio degli italiani sul tassare i grandi patrimoni per finanziare la lotta alla povertà: quasi 8 connazionali su dieci (79,3%) ritiene che sia cosa buona e giusta: c’è il consenso per una imposta sulle grandi fortune sul modello francese abolito dal presidente Macron all’inizio del suo primo mandato. Inoltre, quasi 9 connazionali su dieci (88.8%) è favorevole a misure fiscali a beneficio dei bassi redditi e 8 su dieci (80.9%) a incentivare fiscalmente gli imprenditori che assumono nuovi lavoratori. Gli italiani considerano positivamente gli imprenditori che investono in modo serio e creano posti di lavoro. Mentre non amano speculatori, furbetti. Secondo Censis non c’è odio sociale, né invidia nei confronti dei ricchi. Bensì hanno aspettative, sperano che questi usino i loro patrimoni per migliorare la condizione occupazionale del paese.

 

ESCLUSIONE DIGITALE

Il disagio è stato amplificato anche a causa dell’esclusione digitale. Lo afferma uno studente su tre (35.2%) degli ultimi anni delle superiori e dell’università, che ha avuto difficoltà nella formazione a distanza, e I’11% degli occupati alle prese con le proprie attività lavorative in versione digitale. Per sei italiani su tre (60,7%), in assenza di interventi adeguati, il digitale aumenterà le disuguaglianze. Mentre la connettività a internet ormai dovrebbe essere un diritto fondamentale, al pari della tutela della salute, della pensione per la vecchiaia o delle tutele sul lavoro. Invece, durante la pandemia, alcuni italiani si sono scoperti digitalmente poveri. Ben il 16,5% addirittura non ha ancora Internet. 27 milioni di utenti di device digitali han- no avuto difficoltà a svolgere le attività digitali in casa, tra spazi stretti, parti di casa senza connessione o rete in overbooking per sovraffollamento. E ancora: 16.5 milioni di utenti di device digitali hanno avuto difficoltà nell’utilizzarli perché non ne avevano di propri o perché non erano adeguati alle loro esigenze. Circa 12 milioni di persone hanno avuto difficoltà nell’utilizzo dello smartphone o WhatsApp oppure nel gestire la mail. E infine 12.4 milioni hanno avuto problemi a navigare sui social o gestire video incontri.

 

 

 

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