Affitti brevi tracciati per combattere il sommerso

Novità. La banca dati per mappare il fenomeno attribuirà un codice per gli annunci, pena sanzioni fino a 5mila euro. I dati verranno trasmessi al Fisco

Con il via libera alla banca dati delle strutture ricettive si aggiunge un altro tassello alla lotta contro le irregolarità nel mercato degli affitti brevi. Se per alberghi e operatori turistici professionali cambierà poco, la novità entra infatti a gamba tesa nelle locazioni brevi, un segmento del turismo extralberghiero che spesso sfugge alle statistiche e ai controlli, e la cui crescita sembra inarrestabile nonostante la frenata imposta dalla pandemia.

 

Cos’è la banca dati

Nei prossimi mesi nascerà la piattaforma che raccoglierà le informazioni relative a tutte le strutture ricettive e agli alloggi concessi in affitto breve sul territorio nazionale. A ciascuno verrà attribuito un codice identificativo da esporre negli annunci. E sono previste delle sanzioni per chi pubblicizzerà, anche tramite agenzie di intermediazione immobiliare o portali telematici, il
proprio alloggio privo di codice identificativo: da 500 euro a 5mila euro per ogni unità non “schedata”, che diventano il doppio se la violazione è reiterata.
A sbloccare la situazione è stata la firma del decreto attuativo da parte del ministero del Turismo, a distanza di due anni e mezzo dall’approvazione del decreto “Crescita” (34/2019) che aveva istituito la banca dati. L’obiettivo è mappare l’offerta, così da far emergere chi opera nell’ombra.
Alcune Regioni già utilizzano il codice per “tracciare” il fenomeno e lo rilasciano previa comunicazione, da inviare al Comune. Ad esempio, in Lombardia agli alloggi per la locazione turistica viene attribuito il «Cir» o codice identificativo regionale. Ma se non esiste quello regionale, sarà la banca dati nazionale ad attribuirne uno.

 

I prossimi passi

Nelle prossime settimane il ministero dovrà affidare la realizzazione della piattaforma informatica tramite procedura pubblica e definire un protocollo di intesa con Regioni e Province autonome, che andrà siglato entro 90 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto ministeriale. Sarà questo protocollo a stabilire la data di entrata in vigore dell’obbligo di esposizione del codice identificativo negli annunci e l’occasione sarà determinante per “uniformare” le varie legislazioni regionali in materia che fissano – in alcuni casi in modo differente tra loro – i confini della locazione turistica. I parametri che verranno utilizzati sono legati ai servizi offerti, all’accessibilità, al numero di posti letto, alla presenza o meno di attrezzature, strutture ricreative, attività legate al benessere della persona oppure aree di sosta. Spetterà alle Regioni, con la collaborazione del sistema camerale, trasmettere i dati raccolti sul territorio alla banca dati
nazionale, secondo modalità da definire sempre nell’intesa.

 

Le reazioni degli operatori

Plaude all’iniziativa, finalmente “sbloccata” dal ministro Garavaglia, Confindustria Alberghi: «È uno strumento – dichiara la presidente Maria Carmela Colaiacovo – che chiedevamo da molto tempo. Non solo per la lotta all’evasione e alla concorrenza sleale, ma anche per fotografare quei fenomeni che in passato, in assenza di controlli, hanno provocato lo svuotamento delle città». Più cauti property manager e gestori di affitti brevi rappresentati dall’associazione Aigab, per i quali sarà cruciale vedere come verrà attuata la banca dati. «Potrebbero prendere il portale di Turismo 5, a cui gli operatori di alcune regioni sono già tenuti a comunicare i flussi, ed estenderlo a livello nazionale – dice il presidente Marco Celani – senza sprecare soldi pubblici nello sviluppo di altre macchinose piattaforme». Sono i proprietari immobiliari, poi, a ricordare che già esiste un ampio pacchetto di regole che disciplina il mercato degli affitti brevi. «Si tratta di un ennesimo obbligo – afferma Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia – che si aggiunge ai tanti introdotti negli ultimi anni. Si pensi alla comunicazione alla Questura, alla ritenuta Irpef sui canoni, alla comunicazione alle Entrate da parte di intermediari e portali, alla recentissima e illogica presunzione di imprenditorialità in funzione del numero degli appartamenti. Invochiamo una tregua normativa sul tema».

 

Le altre regole

Il “grande fratello” sugli affitti brevi, in effetti, ha già diversi occhi che dovrebbero disincentivare il sommerso.

  1. Innanzitutto ci sono le norme regionali, che si muovono in ordine sparso, ma che spesso già prevedono l’obbligo di comunicare i flussi al portale statistico Turismo 5 o l’inizio attività presso il Comune. Inoltre, in attesa della banca dati della ricettività i cui dati potranno essere  trasferiti all’agenzia delle Entrate come previsto dal Dl 34/2019, il ministero dell’Interno è già tenuto a inviare al Fisco i dati delle comunicazioni al portale Alloggiatiweb della Polizia di Stato: qui tutti gli host sono tenuti a trasmettere le generalità degli ospiti, come disposto dal decreto “Sicurezza” (Dl 113/2018).
  2. A tutto ciò si aggiungono, per effetto del Dl 50/2017, le ritenute della cedolare secca applicate dagli intermediari e dai portali che operano come sostituti d’imposta. Oppure i dati che devono trasmettere all’amministrazione finanziaria le online travel agencies che non incassano direttamente. Incrociarli tra loro potrebbe già bastare per far emergere il sommerso.«Il problema – conclude Celani – è che, senza individuare un titolare dei controlli, le norme poi restano lettera morta. E anche se noi operatori professionali investiamo e filtriamo l’offerta, così ci sarà sempre chi preferirà farlo in nero. Messo in piedi il sistema di regole, vanno erogate le sanzioni. La verifica dei codici sugli annunci può essere fatta anche digitalmente e la Pa si deve dotare di mezzi per eseguire certi controlli. Sanzionando anche i portali che pubblicheranno offerte non regolari».

 

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