Il superbonus apre nuove vie per demolire e ricostruire
Rigenerazione urbana. Possibilità di aumentare la volumetria. Gli intrecci con la nuova definizione di ristrutturazione e con i vincoli paesaggistici.
Ricostruire, anziché ristrutturare. Usando bene le opportunità che derivano dalle agevolazioni fiscali e soprattutto dal Superbonus 110% nelle sue due anime eco e sisma e impiegando tecnologie off-site, che consentono un controllo rigido di costi e tempi di realizzazione di un edificio.
È un’opzione possibile, finora poco percorsa, ma che potrebbe rivelarsi una strada vantaggiosa sotto diversi punti di vista. Il primo e più importante, quello di raggiungere una reale riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, cambiando nel profondo il volto ai nostri centri abitati.
«Una rivoluzione concreta – commenta Mauro Frate, progettista e docente di architettura della rigenerazione alla Yacademy di Bologna -. Perché se fino a ieri comprare una casa di nuova costruzione era un lusso, oggi grazie agli incentivi si potrà ampliare la platea di acquirenti».
Partiamo dalla norma. Il 110% prevede (come appurato grazie a risposte fornite dall’Agenzia delle Entrate) l’applicabilità dell’ecobonus 110% e del sismabonus 110% alle demolizioni con ricostruzione. Anche con la possibilità di un aumento volumetrico, con la distinzione che per l’ecobonus la misura potrà essere considerata al 110% solo sulla volumetria esistente (ad esclusione dell’installazione del fotovoltaico, coperto in toto) mentre per il sismabonus le spese ammissibili sono relative a tutto l’intervento, sia per la parte esistente che per quella ampliata. Le disposizioni sui bonus si incrociano con la nuova definizione di ristrutturazione che, grazie ai decreti semplificazioni del 2020 e 2021 comprende anche la casistica di ristrutturazione edilizia ricostruttiva, con la possibilità di cambiare sagoma, sedime e tipologia di edificio. In più, è di pochi giorni fa una nota dell’Anci che conferma il parere di inizio agosto del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici circa la possibilità, anche in aree sottoposte a vincolo paesaggistico e su edifici che non hanno una valenza storica, di intervenire con una sostituzione superando anche alcuni limiti, come la possibilità a parità di volume, di cambiare sedime e prospetto di un immobile.
«Il vero potenziale del Superbonus sta proprio nella possibilità di usarlo per demolire e ricostruire l’esistente anche cambiando forme e sedimi – spiega Federico Della Puppa, economista e responsabile dell’area Analisi & Strategia di Smart Land, società specializzata in progetti di rigenerazione urbana -. Non si tratta solo di una questione di risparmio nella costruzione e soprattutto nella gestione dell’immobile futuro, ma di garantire qualità e sicurezza del luogo in cui viviamo. Un immobile nuovo è imparagonabile, in termini di prestazioni, a qualsiasi recupero, anche il migliore. Senza contare che rifacendo si elimina il 50% dei problemi e degli imprevisti che incorrono nel cantiere di una ristrutturazione. Incidenti di percorso che inficiano, peraltro, il raggiungimento delle prestazioni richieste e imposte dal Superbonus stesso, con il rischio di perdere l’incentivo. Oggi la tecnologia per sostituire l’esistente c’è, ma bisogna superare la barriera psicologica dei committenti. La mentalità comune continua a voler conservare l’esistente, magari per ragioni di legami affettivi, anche se non è più efficiente o, peggio ancora, sicuro».
Una delle strade più facili da percorrere è la demolizione e ricostruzione, nell’articolo a lato quella di un immobile commerciale, che grazie a una permuta e a un cambio di destinazione d’uso, viene trasformato in nuova residenza, con la possibilità per chi compra di “scontare” il contributo importante dell’agevolazione (parliamo di 96mila euro a unità).
Più complicato agire quando una casa abitata (singola o condominio) deve essere demolita e ricostruita: tuttavia, l’evoluzione dell’offerta punta oggi a trovare soluzioni sia per accelerare i tempi di ricostruzione degli edifici che per offrire ospitalità ai committenti. «Spingere per questo approccio, anche nel caso in cui le agevolazioni in futuro dovessero scendere alla percentuale unica del 75% vuol dire incidere in modo sostanziale su una vera politica urbanistica», spiega ancora Frate.
«Si tratta anche – conclude Della Puppa – di incentivare la creazione di una filiera di qualità. Dove progettisti, imprese e aziende lavorano con una conoscenza profonda delle normative, comprese quelle emanate dai territori, per sfruttare non solo i bonus, ma tutte le possibilità di ampliamento di una sostituzione. E dove anche gli amministratori di condominio si comportano come manager, impegnati a ottenere le migliori condizioni per i propri clienti, cioè i proprietari di alloggi».